Il Consorzio e il Condominio  – di Maurizio Voi
26 Mag

I principali problemi.

 I grandi spazi, specialmente vicino ai laghi o al mare, sono stati costruiti attraverso lo strumento giuridico del consorzio, ove più imprenditori o investitori si sono associati per l’urbanizzazione di quel particolare angolo di territorio.

Statuto e regole vengono modellate anche per la futura gestione e ripartizione delle spese poiché l’edificazione è in divenire prima che acquisti la stabilità del “totale costruito” e quindi consegnato a tutti i proprietari-consorziati.

Alla fine le semplici o complesse regole del consorzio spesso ispirate alle società di capitali, quanto alla gestione delle decisioni assembleari, e semplificate nella ripartizione delle spese, finiscono per confliggere con il diritto di condominio ormai bagaglio socio-culturale di coloro che desiderano la casa di vacanza e, prima o dopo, si trovano, al calar della sera, a bordo piscina, a parlar di spese e manutenzione.

Se poi il villeggiante a fianco ha venduto il suo appartamento riservandosi le cantine ed avere così l’accesso alla piscina e se lo ritrovano difronte con amici e figli con la quota di proprietà pari ad un millesimo….”apriti cielo”.

Il consorzio

Riassumendo definizioni prese a prestito dall’enciclopedia Treccani e da altri testi sacri, il consorzio può essere definito come un’associazione di persone fisiche o giuridiche, costituita, liberamente o obbligatoriamente, per il soddisfacimento in comune di un interesse dei consorziati, per il coordinamento delle attività economiche, per svolgere in comune determinate operazioni finanziarie intese anche come immobiliari.

Ritagliato il tutto nell’ambito immobiliare ci riferiamo ai consorzi di urbanizzazione, consistenti in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche, preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio, mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi (così, richiamando definizioni analoghe, Cass.4263/2020).

Il Consorzio e il Condominio

Ora mentre il consorzio è una forma di associazione (tra le tante Cass. 7427/2012) con la quale, di solito, più imprenditori decidono di unirsi per realizzare una finalità in comune e questa forma associativa presuppone un contratto e si fonda sulla volontà delle parti di voler costituire un consorzio per svolgere quella determinata attività, il condominio si forma, come sappiamo, con altre modalità.

Con correttezza si afferma, ed è noto, che per la costituzione del condominio non occorre una manifestazione di volontà dei singoli proprietari affinché entrino in funzione le regole previste dagli articoli 1117 e ss c.c., ma che la situazione di condominio edilizio si ha per costituita nel momento in cui l’originario unico proprietario procede al frazionamento della proprietà dell’edificio, trasferendo la proprietà ad altri soggetti.

Insomma il condominio si forma ex jure e facto esi applica la disciplina del codice civile se per le norme disponibili, per esempio l’art. 1123 c.c. (il pomo della discordia), non è disposto diversamente dal titolo o dal regolamento contrattuale.

Inoltre, coloro che acquistano l’appartamento o villetta, sottoscrivono l’adesione al consorzio obbligandosi a rispettare tutte le sue norme.

Se il costruito, con la terminologia a noi nota, è formato da più condomini edilizi, quindi appare la situazione del supercondominio e le regole di gestione sono state scritte nello statuto al momento della costituzione del consorzio, per esempio e per semplificare che tutte le spese si dividono in millesimi, anche quelle afferenti ai singoli edifici, senza distinzione di pertinenza di spesa a questa o quella palazzina, si pone il dubbio di quale regole applicare alla gestione e ripartizione delle spese.

Riassumendo il meccanismo delineato è il seguente: il gruppo d’imprenditori o investitori costituisce il consorzio – approva lo statuto con le regole di funzionamento e di ripartizione delle spese – i singoli acquirenti aderiscono al consorzio e si obbligano a rispettare lo statuto – i proprietari comunque si ritrovano in una situazione di condominio.

La giurisprudenza, pur alle volte oscillante, appare attestata sul principio in forza del quale il consorzio di urbanizzazione è una figura atipica nelle quale i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità ed il giudice, nell’individuare la disciplina applicabile deve aver riguardo, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga, alla normativa delle associazioni o della comunione (fra le tante Cass. 9568/2017).

E’ stato poi ritenuto che la disciplina del condominio è legittimamente applicabile al consorzio costituito fra i proprietari d’immobili con la conseguente esclusione delle norme sulla comunione laddove esista una specifica disciplina in tema di condominio.

Ma sappiamo che “il diavolo si annida nei dettagli” così, ritornando al problema della ripartizione delle spese sorge la necessità d’indagare se i principi di ripartizione scritti nello statuto che proiettati nel condominio ex art. 1123 I° co. c.c., possono essere modificati, -laddove nuove esigenze di gestione o l’acquisita consapevolezza che al complesso costruito comunque vanno applicate le norme sul condominio negli edifici,- e ancora, a loro volta, possono essere nuovamente rimodificati applicando anche i principi della proporzionalità dell’ uso (art.1123 II° co. c.c.) e dell’uso parziale, cioè solo di un gruppo di proprietari (art. 1123 III° co. c.c.).

Pensiamo alla manutenzione straordinaria di una facciata di una singola palazzina e alla regola iniziale consortile che tutte le spese vanno suddivise fra tutti i proprietari in proporzione ai millesimi, sicuramente coloro che non risiedono in quella palazzina obietteranno che loro con quella spesa nulla hanno a che vedere. Però rimanendo la regola iniziale “non si può scappare” dalla contribuzione di tutti.

E se l’assemblea del consorzio con le sue regole modifica lo statuto? Oppure vi può provvedere il consiglio di amministrazione?

Tutto ciò può modificare l’iniziale regola di ripartizione in deroga all’art. 1123 c.c.?

Sarà allora da indagare se l’assemblea del consorzio o delibera del CDA a cui i consorziati proprietari hanno dato mandato, aderendovi, possa modificare l’iniziale norma nel rispetto dei principi del condominio che, come abbiamo visto, ex facto va applicata alla gestione del complesso.

Perché se è vero che la ripartizione delle spese necessarie alla conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni sono sostenute dai condomini in base al valore della proprietà di ciascuno ma, ricordiamoci, “salva diversa convenzione”; essendo i condomini comunque consorziati, possono vedersi modificata la “diversa convenzione a maggioranza” dalla delibera del consorzio?

Molto probabilmente si poiché i due istituti si compenetrano o meglio si coniugano come insegna la giurisprudenza che appare consolidarsi.

Condomini green ed energysharing; per ora in generale.
26 Mag

di Maurizio Voi

Affrontare il vasto campo delle case green volute dall’Europa che ha come finalità la trasformazione delle fonti di energia e la trasformazione del mercato non è impresa semplice; se poi consideriamo che l’ ”autoconsumo” come possibilità che porta, come primo riferimento, ad un gruppo di almeno due persone che svolgono collettivamente la produzione di energia e che si trovano nello stesso edificio o condominio, con i contrasti in giurisprudenza sull’uso del tetto e del lastrico solare, se non si cambia la visione e l’approccio nel senso voluto dall’ Europa, l’Italia, paese di condominii, si troverà in seria difficoltà.

Di certo siamo difronte ad una grande trasformazione e se i veri protagonisti: condomini ed amministratori, non si organizzano ora (il presente è d’obbligo) si ritroveranno esposti all’azione di operatori estranei al condominio il cui interesse non è proprio l’ “energysharing” (cioè la condivisione di energia in cui la collaborazione avviene in modo orizzontale “peer-to-peer”).

Quindi procederemo per gradi, addentrandoci sempre di più in questo vasto campo con l’avvertenza che le parole virgolettate ed in grassetto sono vocaboli tecnici di cui bisognerà prendere confidenza.

La Direttiva 2018 dell’ Unione Europea (c.d. REd.II)  sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili è stata attuata in Italia con il Decreto Legislativo del novembre 2021, per quanto riguarda l’ “autoconsumo” e le “comunità energetiche rinnovabili” è entrato in vigore tra l’aprile 2022 e l’aprile 2023.

Il primo impulso però si ritrova del Decreto Legge del dicembre 2019 che nelle more del recepimento della Direttiva RED II aveva fornito le prime istruzioni per l’associazione ed autoconsumo dei “clienti finali” cioè coloro che producono energia da fonti rinnovabili per esigenze proprie e il surplus immetterlo nella rete.

In gergo sono definiti “prosumer” cioè soggetti che nello stesso tempo producono e consumano energia e sono in grado di generare benefici sociali che scaturiscono da nuovi modelli di “sharing economy” (interessante è lo studio di Marisa Meli, in le Nuove Leggi Civili commentate, maggio 2020).

L’art.30 del D.lvo 2021 dispone che gli autoconsumatori devono trovarsi nello stesso edificio o condominio.

L’art. 1122bis del codice civile è intitolato: “Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili” così è consentita, sulle parti comuni, “l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.”

L’art.1122bis specifica il principio generale dell’art. 1102 c.c.: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.” , principio applicabile anche al condominio e tale facoltà, nell’interpretazione della giurisprudenza,  è chiarita come  “conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione compatibile con i diritti degli altri…i rapporti condominiali sono informati al principio di solidarietà il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune………(cass.12/14107– cass.22/290)”.

Principio che si ritrova nelle pronunce sull’utilizzazione del tetto da parte del singolo condomino, a volte ammettendolo, altre volte negandolo.

Ora l’energy sharing caro all’Europa come finalità del processo di transizione per una strategia di energia pulita per tutti gli europei dovrà essere sempre tenuto presente nel momento in cui si inizierà a progettare l’impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio dovendosi tener conto di tutti i comproprietari, cittadine europei a cui sono diretti i provvedimenti.

Sarà allora ancora corretto l’aggancio a quella parte del principio dei Giudici di legittimità che ritengono che: “qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune” (cass.12/14107) sia possibile un uso più “egoistico” del tetto, lastrico solare o oltra bene comune dando modo solo ad alcuni dei condomini di intervenire con una propria installazione per la produzione di energia rinnovabile?

Ritengo che ora sia necessario approfondire l’art.832 c.c. sul contenuto del diritto di proprietà nella parte in cui dispone che il diritto del proprietario di godere della cosa in modo pieno ed esclusivo vada coniugato “i limiti e l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico” poiché innanzitutto l’art.42 della Costituzione richiede di valutare la “funzione sociale” della proprietà privata e le norme dell’Unione europea sono in sé fonti di diritto.  

Quindi se la finalità del legislatore è l’energia pulita e l’obiettivo è di realizzare la transizione energetica verso un’economia a basse o ad emissioni zero di carbonio, l’edificio o condominio considerato per tutti i titolari del diritto di proprietà ne diviene il mezzo e il  tetto, lastrico solare o altro bene comune dovrà essere di utilità per tutti e non solo per alcuni poiché, a questo punto deve essere prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione potranno farne lo stesso o identico uso.

di avv. Maurizio Voi

In Immobili & Proprietà 1/2017

L’autore affronta l’istituto del conflitto di interessi nel condominio dopo la sentenza del 28 settembre 2015 n. 1931 della Corte di Cassazione che lo ha escluso in capo ai condomini perché i singoli partecipanti sono tutti chiamati dalla legge alla gestione dei beni e servizi. Secondo la Suprema Corte così i quorum necessari per le delibere condominiali previste dall’art. 1136 C. C., devono comunque tener conto anche del condomino in conflitto. L’autore al contrario, ritiene che il suo voto vada escluso quando l’assemblea è chiamata a deliverare su oggetti che vedono un “interesse diretto” del singolo sulla gestione dei beni e servizi comuni in conflitto con gli altri condòmini.

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