A forte rischio il recupero dei crediti per le spese condominiali – Le conseguenze delle pronunce della Suprema Corte di Cassazione di giugno e settembre 2020 sul procedimento di mediazione.
24 Set

di Avv. Maurizio Voi e Avv. Alvise Cecchinato

Forse non considerata attentamente perché eravamo ad inizio estate con le vacanze alle porte dopo il duro lockdown, l’ordinanza n. 1046 dell’8 giugno 2020 della Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto che l’Amministratore di Condominio, per partecipare alla procedura di mediazione, ha sempre bisogno di essere autorizzato dall’Assemblea con la delibera ex art. 71 quater, comma III, disp. att. cod. civ., a maggioranza qualificata (ossia: maggioranza degli intervenuti alla riunione, che corrisponda ad almeno metà dei millesimi): anche se, per ipotesi, si tratta di vertenza in una materia che, rientrando nelle sue attribuzioni di legge, non richiede analoga autorizzazione per agire o resistere in giudizio.

L’ipotesi è frequentissima: si pensi al recupero delle spese condominiali ex art. 1130 n. 3 cod. civ.: è pacifico che, per adire il Giudice, chiedendo l’ingiunzione immediatamente esecutiva ex art. 63, I comma, disp. att. cod. civ., o anche promuovendo una causa ordinaria, all’Amministratore non serve l’autorizzazione dell’Assemblea, essendo un suo specifico dovere (peraltro assoggettato anche al termine dei sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, ex art. 1129, IX comma, cod. civ.).

Gli Ermellini, nella pronuncia, relativa ad una opposizione a decreto ingiuntivo per spese condominiali, precisano proprio che “pur in relazione alle cause inerenti all’ambito della rappresentanza istituzionale dell’Amministratore” “con riguardo alla quale perciò sussiste la legittimazione processuale di quest’ultimo ai sensi dell’art. 1131 c.c. senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea”, “questi non può partecipare alle attività di mediazione privo della delibera dell’Assemblea”: e, se vi partecipa lo stesso, la mediazione è come non si tenesse (tecnicamente: non vale a integrare la condizione di procedibilità), perchè il Condominio non può ritenersi siccome presente.

Il ragionamento desta evidenti perplessità, e le sue conseguenze diventano di ancor maggiore attualità tenuto conto che, con la recentissima sentenza n. 19596 del 18.9.2020, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ponendo fine a un contrasto esistente nella giurisprudenza di merito, hanno statuito che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, è onere del creditore opposto, e non del debitore opponente, attivare il procedimento di mediazione obbligatoria, in mancanza del quale la causa diventa improcedibile e, si badi, il decreto ingiuntivo deve essere revocato.

Ecco il principio: “Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

Dal combinato disposto delle due pronunce deriva un mix pericolosissimo per il Condominio, proprio nel delicato ambito di gestione e fruizione dei servizi condominiali, anche essenziali, che l’Amministratore deve garantire provvedendo al pagamento delle spese.

Cosa succederà?

Se il Condominio agisce ottenendo decreto ingiuntivo, e il condomino moroso propone opposizione, l’Amministratore dovrà tempestivamente convocare l’Assemblea, per essere autorizzato a promuovere la procedura di mediazione e a parteciparvi.

Se, per qualsiasi ragione, non si raggiungesse la maggioranza qualificata (si ripete: maggioranza degli intervenuti alla riunione, che corrisponda ad almeno metà dei millesimi), l’Amministratore non potrà procedere, la mediazione non ci sarà o sarà comunque tamquam non esset,.

Soprattutto, la causa pendente terminerà con la revoca del decreto ingiuntivo (e forse anche, oltre al danno, con la vera e propria beffa della condanna alla rifusione delle spese legali !).

Come comprensibile, il condomino moroso si sentirà vincitore, e non si sentirà più obbligato al pagamento; se poi, nel frattempo, in forza del decreto ingiuntivo, era stata iniziata una procedura esecutiva (pignorando l’immobile, o altri beni) verrà meno anche quella.

Insomma, si profilano conseguenze potenzialmente davvero gravi.

E non è difficile immaginare che, se nel Condominio è di fatto difficile raggiungere la maggioranza qualificata, come purtroppo spesso accade, il condominio moroso sarà tentato da proporre opposizioni anche infondate, ma strumentali all’impasse che sopra abbiamo delineato.

Diventa quindi urgente l’istanza per un intervento del Legislatore: se l’art. 71 quater, comma III, disp. att. cod. civ. deve interpretarsi in senso letterale, come la Corte di Cassazione ha affermato nella pronuncia di giugno, facendolo operare anche per le vertenze che non richiedono la autorizzazione ad agire o a resistere, le conseguenze di un tanto appaiono aberranti: a maggior ragione ora che la Cassazione stessa, con la pronuncia di settembre, ha posto l’onere della mediazione, nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo, a carico del creditore.

Maurizio Voi, Avvocato in Verona
Alvise Cecchinato, Avvocato in Portogruaro

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