Non sfugge agli specialisti del diritto di condominio la presa di posizione dei dirigenti di alcune importanti associazioni di rappresentanza degli amministratori di condominio all’indomani dell’ordinanza della Corte di cassazione del 19 marzo 2021 n.7874, Rel. A.Scarpa.
La Suprema Corte ha statuito che ad un amministratore di condominio, revocato dall’incarico senza giusta causa, sia dovuto anche il risarcimento del danno in applicazione dell’art. 1725 I co. c.c, riconoscendo l’istituto di un contratto tipico di amministrazione il cui contenuto è, nell’essenza, dettato dagli artt. 1129,1130 e 1131 c.c..
L’ordinanza così esclude, e qui è il “pomo della discordia” proprio nel senso del mito della mela lanciata da Eris per i protagonisti del dibattito in corso, che l’attività di amministratore di condominio non costituisce una prestazione d’opera intellettuale non essendo di conseguenza soggetta alle norme dettate in materia dal codice civile in materia (artt 2229-2238).
Per i Giudici di legittimità l’attività di amministratore di condominio rientra nell’ambito delle professioni non organizzate in ordini o collegi di cui alla legge 14.1.2013 n.4.
Infine con la recentissima sentenza n.36430 del 24 novembre 2021 la Suprema Corte ha sottolineato come la riforma dell’istituto del 2012 abbia rafforzato i caratteri professionali dell’attività di amministratore di condominio, delineandone una figura professionale autonoma.
Il confronto in atto tra amministratore professionista o (non) professionista intellettuale, che si sviluppa su un piano meramente giuridico tra associazioni e comunità giuridica, e qui pare lo si voglia mantenere, non tiene in considerazione la necessaria prospettiva economica generale ed economica aziendale dell’attività intesa nel senso classico scientifico delle definizioni generalmente accettate.
Non tiene altresì conto delle fonti comunitarie sul concetto di servizio professionale, inteso come prestazione di rilievo economico che non rientra nella nozione di merce o di capitale e che l’art.57 del Trattato sul funzionamento dell’ Unione Europea stabilisce che sono considerate come servizi le prestazioni fornite dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalla libera circolazione delle merci, dei capitali, e delle persone e che tra i servizi vi ricomprende anche le libere professioni.
La direttiva 2005/36/CE attuata in Italia con il dlgs 206/2007 ha qualificato le prestazioni intellettuali come servizi professionali. Su queste basi si è pronunciata anche la Corte di Giustizia europea che ha più volte ribadito come l’attività dei liberi professionisti si configura come attività d’impresa.
Chi scrive oggi si chiede se abbia ancora un senso continuare la ricerca ed il dibattito sull’attività di amministratore di condominio come professionista intellettuale o piuttosto iniziare seriamente ad esplorare ed analizzare con la scienza economica e di economia aziendale il complesso delle attività che il professionista offre con la sua attività necessaria per gli edifici in condominio.
Onde non cadere in strali ed equivoci ciò non vuol dire -se solo si vuol rimanere saldamenti ancorati alla normativa nazionale- che così argomentando si parifica la professione all’impresa aprendo la strada, in ultima istanza, anche al fallimento, perché anche ciò non è corretto.
In primo luogo perché il “fallimento” -quale espressione portatrice di un disvalore sociale – è stato superato dal legislatore con il codice della crisi d’impresa ed in secondo luogo che il codice della crisi per quanto riguarda i soggetti non fallibili si applica anche al professionista sia esso intellettuale o meno fino alle associazioni professionali oltre che al consumatore ed imprenditore agricolo (L.3/2012).
La ricerca e l’analisi dell’attività di amministratore di condominio deve quindi iniziare a volgere lo sguardo verso altre componenti dell’attività in sé considerata, per esempio anche, e si sottolinea anche, verso i molteplici sottoinsiemi economici (property manager) per uno sviluppo più competitivo della professione nel senso europeo sopra descritto.
Forse oggi -ed è qui la partenza a mente libera ma curiosa- è giunto finalmente il momento di non mantenere ancorata la professione al solo condominio e in tale esercizio irrigidirsi sull’intellettualità di origine ottocentesca, ma iniziare ad analizzare anche nuove competenze che, se ben sviluppate, porterebbero ad un innalzamento del profitto, rispetto alla sola amministrazione di condominio.
Infine un’ulteriore considerazione economica: se un professionista nell’amministrazione di condominio viene incaricato della gestione di un’importante complesso ex art. 1117 bis c.c. che necessità di un particolare ed oneroso investimento economico della propria attività interna, ed attuato l’investimento, poco dopo, senza giusta causa viene revocato nell’incarico, di certo sarà più tutelato dall’art. 1725 I° co. c.c. che prevede il risarcimento dei danni, che dall’art.2237 c.c. (norma applicabile per le sole professioni intellettuali) che riconosce il pagamento della sola opera svolta, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute per il periodo.
Maurizio Voi