Quando chi pignora un immobile deve pagare le spese condominiali. Spese necessarie e non.
22 Giu

di Avv. Maurizio Voi – Direttore Centro Studi ANACI  Verona

Interessante per la gestione condominiale la sentenza 22.6.2016 n.12877 della Corte di cassazione che ha deciso di addossare le “spese necessarie al mantenimento in esistenza del bene pignorato, come quelle che attengono alla sua struttura o sono intese ad evitarne il crollo o, in genere, perimento” al creditore procedente, quindi al soggetto che ha azionato il pignoramento immobiliare.

Il decisum della Suprema Corte avviene in seguito al ricorso presentato da una Banca contro il provvedimento del Giudice dell’esecuzione che   aveva posto a suo carico le spese necessarie per eliminare delle “forti infiltrazioni di acqua interessanti la palazzina centrale”.

La Corte spiega così che dopo la riforma del processo di esecuzione (anno 2005) una volta pignorato l’immobile la nomina del custode ne costituisce una conseguenza; il custode ex art.560 cpc ha i poteri di amministrazione e gestione dei beni pignorati.

Interessante è che alla Corte non interessa la qualificazione di “gestione” -in capo al custode-del immobile nel senso se essa debba ritenersi un’attività più o meno ampia rispetto alla amministrazione ordinaria, ma il tipo di spese necessarie alla sua “conservazione”.

Ecco allora che si chiarisce che una spesa di conservazione può essere “necessaria” cioè finalizzata a preservare l’oggetto del pignoramento quindi diretta a “non farlo scomparire di fatto dal punto di vista reale e/o economico”, ovvero “spese che non abbiano una immediata funzione conservativa” che sono quelle di “manutenzione ordinaria o straordinaria dell’immobile così come gli oneri di gestione condominiale”.

Con un percorso difficile per i “non addetti ai lavori” si arriva così a specificare quali spese comunque deve sostenere il creditore procedente e visto dalla prospettiva dell’amministratore immobiliare cosa egli può chiedere.

Nel concetto di conservazione del bene si hanno così due tipi di spese:

a)      Necessarie al mantenimento in esistenza dell’immobile;

b)      Necessarie dirette alla manutenzione e ordinaria e straordinaria dell’immobile ivi ricompresi gli oneri condominiali.

Per le prime sub a) è il creditore procedente (cioè colui che ha pignorato il bene) che deve anticiparle; le seconde   sub b) sono direttamente poste a carico del Condominio che assunta la posizione di creditore, al momento della liquidazione (dopo la vendita) ha il diritto di vedersele liquidate in “prededuzione”, cioè pagate con preferenza rispetto agli altri creditori.

C. App. Trento n. 134/2016. Il singolo deve consentire l’accesso per l’installazione dei contabilizzatori
12 Mag

Corte Appello di Trento n. 134/2016. Il singolo deve consentire l’accesso per l’installazione dei contabilizzatori

di Avv. Matteo Carcereri


con la sentenza n. 134/2016 la Corte d’Appello di Trento ha dato sostanzialmente riscontro al quesito che spesso viene formulato dagli amministratori di condominio e cioé: se una volta deliberata l’installazione di sistemi di contabilizzazione e termoregolazione del calore (in ossequio ai precetti del D.Lgs 102/2014), il singolo condomino non consente l’accesso al proprio appartamento per la relativa installazione, quid iuris?

La Corte, osservando preliminarmente come la delibera assunta dal condominio nel 2009 fosse pienamente valida, anche perchè non impugnata e perciò vincolante nei confronti di tutti i condomini, non ha ravvisato alcuna lesione di un diritto soggettivo del singolo condomino, nel fatto che i tecnici incaricati dal condominio dovessero accedere all’appartamento di proprietà al fine dell’installazione dei contacalorie sui termosifoni.

La Corte d’Appello ha quindi ritenuto legittima la richiesta di accesso al fondo ex art. 843 c.c. avanzata dal Condominio nei confronti del condomino che a detta installazione si opponeva, condannando quest’ultimo a consentire ai tecnici del condominio l’accesso alla propria unità immobiliare ai fini predetti.

La sentenza appare oggi ancor più condivisibile stanti i recenti interventi normativi che impongono l’adozione di sistemi di contabilizzazione del calore entro il 31.12.2016.

Cliccando sul link sottostante è possibile scaricare il testo integrale della sentenza.

Scarica la sentenza in formato .pdf

La truffa dei diamanti
18 Apr

Ormai è noto che sono cinque le banche coinvolte nella nuovo affaire dei diamanti d’investimento.

Risulta che Intesa san Paolo, Mps, Unicredit, Banco Bpm e Banca Aletti abbiano sollecitato i loro clienti ad investire in diamanti attraverso le società Intermarket Diamond Business e la Diamond Private Investment.

I clienti si presentavano in banca e il funzionario addetto sollecitava l’investimento, alle volte alla presenza di un responsabile della società, visionavano un piccolo diamante, e venivano convinti ad affidarsi a questo bene rifugio di lungo periodo per tutelare il potere d’acquisto della somma utilizzata.

Le cronache ci hanno poi portato a scoprire la truffa e il fallimento della Intermarket Diamond Business dichiarato dal Tribunale di Milano con la sentenza n.41/2019 curatore Maria Grazia Giampieretti.

Cosa fare ora?

Entro l’ 8 marzo i detentori dei diamanti della Intermarket Diamond Business dovranno insinuarsi nello stato passivo del fallimento per ottenere in rivendica le piete custodite dalla società.

La rivendica prevista dall’art.87bis della Legge fallimentare è un istituto particolare che permette di richiedere i beni che già sono in proprietà dei clienti e che sono stati lasciati in deposito presso la Intermarket Diamond Business.

Come fare?

Se formalmente per depositare la domanda presso il curatore non è necessaria l’assistenza dell’avvocato, in questo caso è quantomai consigliabile vista la complessità ed i formalismi richiesti dalla procedura fallimentare.

Il nostro studio è si è già attivato presso la procedura depositando le prime domande ed è pronto ad assistere tutti i risparmiatori truffati. Contattando la segreteria si potrà velocemente richiedere un appuntamento per predisporre tutta la documentazione necessaria al deposito della domanda formale presso la procedura fallimentare a Milano.

E dopo?

Sono possibili i risarcimenti anche attivando una procedura di conciliazione.

La disarmonia della sopraelevazione
28 Mar

In condominio il proprietario dell’ultimo può costruire -sopraelevare l’edificio- seguendo le prescrizioni indicate dall’ art. 1127 c.c.
Non deve essere vietato dal regolamento di condominio o escluso nei titoli d’acquisto; le condizioni statiche dell’edificio devono consentirlo; l’intervento non deve pregiudicare l’aspetto architettonico.
E’ sull’ “aspetto architettonico” che nascono i problemi interpretativi perché in altre parti del codice si fa riferimento al “decoro architettonico” (es. art. 1138 in tema di regolamento di condominio, art. 1120 in tema di innovazioni).
Quindi il problema che si pone è: “aspetto architettonico” e cosa diversa da “decoro architettonico”?
Secondo la Corte di cassazione, ordinanza 12 settembre 2018, n. 22156, l’aspetto architettonico, è una nozione sicuramente diversa da quella di decoro architettonico, contemplata in altre disposizioni in tema di condominio.
L’intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare “lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore.”
Secondo la Corte il giudizio deve essere condotto: “esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale”.
Nell’analisi sulla possibile violazione dell’aspetto architettonico bisogna sempre considerare anche l’impatto dell’intervento sul “decoro” che è una nozione complementare dell’“aspetto”. La sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato, senza recare una rilevante disarmonia al complesso preesistente, sì da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterarne le linee impresse dal progettista (Cass. Sez. 6 – 2, 25/08/2016, n. 17350).
Allora è la “disarmonia” che la nuova costruzione può portare sull’edificio anche se quest0 non abbia un particolare pregio artistico, che consente ai condomini di opporsi.
La “disarmonia” incide sulla attuale fisionomia che caratterizza ogni edifici0. Ne cambia le linee, la nuova costruzione diventa il classico “pugno in un occhio”, si comprende che è qualcosa di diverso, che nulla ha a che fare; l’intervento è disarmonico, sgradevole alla vista.

Avv. Maurizio Voi – 10.01.2019