L’art .67 3° co. dacc – primo capoverso – dispone che: “Nei casi di cui all’articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio.”
Quindi in un supercondominio, a prescindere dalla esistenza di più unità immobiliari con più di otto condomini per cui è necessaria la nomina dell’amministratore (art.1129 I° co. c.c.) quando la somma dei “partecipanti” all’ente sovraordinato è più di 60 scattano le procedure di amministrazione – assemblea e amministratore (in tal senso anche R. Amagliani, Brevi note in tema di amministratore del supercondominio, in Giust. civ., 2016 a cui aderisce anche R.Triola, ; R. Triola, Il Supercondominio in Il nuovo condominio, II^ ed. Giappichelli, 2017).
Già solo soffermandoci su tale necessità si evidenziano una serie di problemi non indifferenti che la letteratura giuridica, quasi sempre avulsa dalle necessità pratiche, non scandaglia.
La prima è che i condomini siano fino a 60, per cui la convocazione dei rappresentati degli edifici per la gestione ordinaria non è richiesta; andranno convocati tutti i proprietari.
Se è corretto che ciascun proprietario possa prendere l’iniziativa per la convocazione (argomento tratto dll’art.66 II° co. dacc), soggiunge il problema dei dati necessari alla convocazione di tutti i condomini e dei costi da sostenere.
Nella pratica capita ormai raramente, almeno un condominio facente parte del complesso ha un amministratore che potrà coordinare la convocazione dell’assemblea per poi però non potendovi partecipare (art.66 8° co dacc), ma il problema rimane, non fosse altro per la “regia” in sede di assemblea: controllo convocazioni – verbalizzazione ecc. ecc.
La seconda: posto che il 3° comma dell’art.67 dacc si riferisce alla presenza di più di 60 condomini “complessivamente” e non è detto che i singoli edifici sommino ciascuno più di 8 partecipanti per l’obbligatorietà dell’amministratore che è “motore degli adempimenti” per il supercondominio, com’è possibile iniziare le procedure per l’attivazione della gestione del supercondominio: nomina dei rappresentati per ogni edificio, convocazione dell’assemblea, decisioni di amministrazione ordinaria?
Siccome ancora la riforma dell’istituto del condominio del 2012 sconta l’idea del “buon samaritano condomino” (si veda l’obbligatorietà dell’amministratore che passa da più di quattro condomini a più di otto e che cmq il proprietario può amministrare il suo condominio anche senza i requisiti dell’art.71 bis dacc), bisognerà che un buon smaritano cominci a convocare la sua assemblea per la nomina del rappresentate e che gli altri lo seguano fino a costruire “l’insieme” da convocare nell’assemblea del supercondominio.
Tutto ciò a tacere sulle complessità di ricerca degli indirizzi e costi di convocazione.
Ma se anche uno solo degli edifici componenti il complesso non nomina il rappresentante, il sistema rischia di andare in stallo posto che, in prima battuta, sono solo i partecipanti al “proprio condominio” che possono rivolgersi al Tribunale per la nomina, mentre nell’inerzia di costoro sarà sempre il Tribunale, questa volta su ricorso anche di solo uno dei rappresentanti già nominati (art. 67, 3° co. dacc) a procedere all’individuazione e nomina del rappresentante.
Tenuto conto dei tempi di convocazione del Collegio del Tribunale competente per i decreti necessari, vi è il rischio della paralisi per molti mesi.
Nel frattempo l’assemblea del super condominio è competente solo per la gestione ordinaria e nomina dell’amministratore, quindi servizi essenziali di base al complesso come manutenzione del verde, pulizia box e spazi comuni, magari raccolta rifiuti, guardiania, ecc. ecc..
E l’amministratore è figura necessaria e centrale, di rappresentanza dell’ente sovraordinato verso i terzi che opera quanto alle attribuzioni (art.1129-1130-1120bis c.c.) e legittimazione (art. 1131 c.c.) analogamente all’amministratore di condominio.
Lo stallo nella gestione dei servizi potrebbe portare a spiacevoli conseguenze per il supercondominio che se esposto ad azioni giudiziarie per le parti e servizi comuni (e sulla “condominialità” anche dei servizi comuni richiamo cass. 19800/14 e nota di Paolo Scallettaris, in Giur. It., n.1, gennaio 2015 p.39) si troverebbe bloccato nella legittimazione a contraddire che può essere solo in capo all’ amministratore dell’intero complesso, così come affermato dalla recente pronuncia della Corte 40857/2021.
Con l’ulteriore conseguenza di attività legale e spese per far nominare un curatore speciale ex art.65 dacc per poi procedere giudizialmente.
Certo è che le complicate norme sulla gestione del supercondominio (bastava indicare negli amministratori i rappresentanti dei singoli edifici con precisi obblighi di rendiconto) dimostrano, ancora una volta, la poca considerazione del legislatore verso “lo spazio costruito”(l’ espressione è di Paul Bagust, Introduzione al rapporto Il Property Management: un servizio per il Real Estate, RICS, 2019) e le sue necessità economiche di gestione.
Perché senza costruire casi di scuola teorici, ma richiamando le tante fattispecie della pratica quotidiana, in un supercondominio (a prescindere da più o meno 60 condomini) con importanti servizi e parti comuni da gestire in via ordinaria con una valenza economica importante, la mancanza di un rappresentante per formare il consesso decisionale, ne comporta la paralisi con possibili conseguenze nefaste per lo spazio circostante, dal pagamento dei servizi alla costruzione di una valida assemblea per la loro approvazione e predisposizione del fondo economico.
Maurizio Voi