Ingiunzione di pagamento ex art.63 disp. att. c.c. e “Mediazione obbligatoria”.
20 Gen

L’amministratore deve sempre convocare l’assemblea per proseguire nel recupero delle spese in caso di opposizione al Decreto Ingiuntivo.

A metà settembre 2020 la Corte di cassazione a sezioni unite con la sentenza 19596/2020 ha stabilito che “Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a controversie soggette a mediazione obbligatoria, una volta decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione grava sulla parte opposta; con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell’opposizione conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

Significa che, proposto dall’amministratore del condominio il decreto ingiuntivo ex art.63 disp. att. c.c. per riscuotere i contributi delle spese condominiali dal proprietario moroso, qualora il condomino si dovesse opporre all’ ingiunzione, è il Condominio che deve attivare il procedimento di mediazione obbligatoria anche in questa materia (D.Lgs. n. 28/2010, art. 5 4° comma).

Diverse e delicate anche sotto il profilo della responsabilità professionale, sono le conseguenze della mancata attivazione del procedimento di mediazione: dalla pronuncia di improcedibilità del DI alla sua revoca.

Così il condominio dovrà attivare una nuova ingiunzione ma (e qui sta il punto) anche dover sopportare le spese legali di soccombenza.

L’amministratore dovrà quindi sempre essere assistito da una delibera ex art.71 quater disp. att. c.c. che lo autorizzi a promuovere il giudizio di mediazione nel recupero delle spese per la gestione del condominio.

E qui si apre un altro delicato scenario.

L’art. 71 quater disp. att. c.c., dispone che per le controversie nelle materie regolate dalle norme sul procedimento di mediazione, deve essere proposta la relativa domanda a pena di inammissibilità dell’azione.

La domanda deve essere autorizzata dall’assemblea con il quorum dei presenti e almeno 500 millesimi.

Se è vero, allora, che l’amministratore non ha bisogno di autorizzazione dell’assemblea per il recupero coattivo delle spese, è anche vero che, il richiamo dell’art. 5 comma 1 sulla mediazione obbligatoria è all’intero Capo II del Libro Terzo del codice civile (cioè artt. 1117-1139) dedicato al condominio, quindi anche al recupero del credito (art. 1129 n.3) c.c.) che con il raccordo delle disposizioni di attuazione (art.63) diviene controversia legale.

La conseguenza è che l’amministratore deve ora sempre essere autorizzato dall’assemblea a procedere in mediazione in caso di opposizione al DI.

Può l’autorizzazione essere preventiva e generale per tutti i recuperi o ad ogni opposizione deve seguire un’apposita assemblea che autorizzi la mediazione?

E’ nostro parere, che l’assemblea, ogni anno, debba autorizzare preventivamente l’amministratore ad attivare il procedimento di mediazione in caso di opposizione al decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c.

L’amministratore, ogni anno, in sede di convocazione dell’assemblea ordinaria, dovrà inserire all’ordine del giorno, un preciso punto ed ottenere il disco verde dell’assemblea a maggioranza dei presenti e almeno 500 millesimi.

In caso contrario, ad ogni opposizione al DI, dovrà seguire un’assemblea appositamente convocata.

In mancanza si profila all’orizzonte una responsabilità dell’amministratore per la soccombenza alle spese di causa che certamente seguiranno la pronuncia di improcedibilità della domanda in seguito al principio di diritto ormai scolpito dalle sezioni unite.

Maurizio Voi

Le maggioranze per l’approvazione dell’efficientamento energetico 110% superbonus in condominio
20 Gen

1.Premessa di metodo. – 2.Il principio della maggioranza per la validità delle delibere dell’assemblea dei condomini. –  3.Le maggioranze per l’approvazione degli   incentivi per l’efficienza energetica 110superbonus. – 3.1 La maggioranza per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119superbonus. – 3.2 La maggioranza per l’approvazione dell’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121. – 4.Conclusioni e spunti operativi.

1.Premessa di metodo

In questo lavoro sull’analisi delle maggioranze dell’assemblea dei condomini per l’approvazione degli interventi 110supernbonus, adesione all’opzione dello sconto in fattura, cessione del credito o adesione agli eventuali finanziamenti, si farà riferimento alla norma finale, intesa come quella divenuta legge dello stato, tralasciando i rifermenti ai precedenti atti normativi di carattere provvisorio avente forza di legge[1] e ciò al fine di semplificarne la comprensione o l’eventuale consultazione.

In nota si rimanderà comunque al testo attualmente in vigore. Non si farà riferimento ad eventuali emendamenti tutt’ora in discussione davanti alle commissioni parlamentari.

2. Il principio della maggioranza per la validità delle delibere dell’assemblea dei condomini

Noto che l’art.1136 c.c. prevede diversi quorum sia per la valida costituzione dell’assemblea che per la validità delle delibere, distingue l’assemblea in prima da quella in seconda convocazione. La ragione è una sola: “la possibilità che alla prima riunione non intervenga il numero di condomini richiesto nel primo comma dell’art.1136 c.c.”[2]

L’attento legislatore dell’epoca voleva evitare che uno sparuto gruppo di condomini potesse essere considerato sufficiente per deliberare su determinati oggetti vincolando così gli assenti o dissenzienti ex art.1137 c.c.

Il lungo percorso evolutivo del condominio ha visto la riduzione delle storiche maggioranze c.d. qualificate (maggioranza dei presenti in assemblea in rappresentanza almeno di 500 millesimi o maggioranza dei partecipanti al condominio e 2/3 del valore dei millesimi) per le delibere di ricostruzione o lavori di notevole entità per l’edificio ovvero innovazioni.

Per arrivare, con la riforma dell’istituto[3], a prevedere anche il quorum per la valida costituzione dell’assemblea in seconda convocazione[4].

Da ricordare anche alcune leggi speciali, ad esempio la legge 10/91 che, all’art.26, per gli interventi sul contenimento energetico negli edifici prevede una delibera a maggioranza semplice: maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.[5]

I principi contenuti nell’art.1136 sono semplici e di facile comprensione: una delibera è validamente adottata ed obbligatoria per tutti i condomini se, rispettato il quorum di costituzione ottiene la c.d “doppia maggioranza” di teste e millesimi e tale maggioranza supera quella espressa dai condomini contrari.

Discussioni non ve ne possono essere già la Corte di cassazione con una cristallina pronuncia del 11 gennaio 1966 n.202, commentata dal Salis[6], ne aveva chiarito il significato.

Il principio della “doppia maggioranza” (teste e millesimi) è inderogabile, l’art. 1136 c.c. non può essere derogato nemmeno da un regolamento di condominio c.d. di “origine contrattuale”, ciò è prescritto dall’art.1138 3° co. c.c.[7]

E’ altresì noto che le maggioranze per le delibere dell’assemblea dei condomini regolano e quindi vincolano i condomini per tutto ciò che attiene all’ amministrazione e gestione dei beni e servizi comuni come indicato dall’art.1135 c.c. che è “norma di rinvio” in quanto richiama, per le attribuzioni dell’assemblea, anche altri articoli del codice in materia di condominio che regolano i suddetti oggetti[8].

Sono gli “articoli precedenti” il 1135 c.c. e si comprende la sua collocazione, alla fine delle norme sui beni e servizi comuni, ripartizione delle spese comuni, sopraelevazione, amministratore, iniziative individuali sui beni comuni.

Chiude il sistema di gestione sulle cose ed attività comuni e indica che solo l’assemblea è legittimata ad adottare decisioni vincolanti.

I diritti di proprietà o particolari convenzioni a favore del singolo, anche cristallizzati in un regolamento di condominio non possono essere oggetto di delibera. L’eventuale delibera sarebbe affetta da nullità.

3. Le maggioranze per l’approvazione degli   incentivi per l’efficienza energetica 110superbonus

L’articolo 119 della legge 17 luglio n.77[9], più volte modificato introduce gli “Incentivi per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici”, le analisi del complesso articolato e di quelli successivi sono oggetto di altri interventi di questo lavoro.

Per il tema d’indagine assegnato diamo conto del comma 9-bis[10] che prevede la maggioranza semplificata degli intervenuti in assemblea e almeno un terzo dei millesimi per l’approvazione degli interventi di efficientamento energetico e adesione all’opzione dello sconto in fattura, cessione del credito o adesione agli eventuali finanziamenti.

Questa disposizione ha avuto l’effetto di una deflagrazione solare perché non vi è riferimento al totem del quorum costitutivo.[11] Ma è la prima volta che l’architettura dell’assemblea è modificata a prescindere dalla prima o seconda convocazione?

Andando con ordine:

è prevista la maggioranza semplice per l’approvazione degli interventi di cui all’articolo 119 commi 1 lettere a,b,c della legge 77/2000;

– è prevista la maggioranza semplice per l’approvazione all’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 sempre della legge 77/2020.

3.1 La maggioranza per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119superbonus

Come richiamato nel paragrafo 2, già il legislatore che è intervenuto a modificare l’art.26 comma 2 della legge 10/91[12] aveva modificato nel 2005, poi nel 2006 e infine nel 2012[13] la maggioranza per l’approvazione dei lavori, prevedendola semplice.

Tenuto conto che nel dettato normativo dell’art. 119, 110superbonus, come, a suo tempo per la l’art.26, 2 co., L.10/91 è espressamente previsto che: “le deliberazioni (…) sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio” ciò che conta è il quorum deliberativo a prescindere che l’assemblea di condomini si pronunci in prima o seconda convocazione.

Ricordato comunque che, quando la legge parla di “intervenuti”, si riferisce ai condomini presenti in assemblea e non a tutti i partecipanti al condominio.

Quindi non conta in che tipo di seduta è riunita l’assemblea, conta la maggioranza di approvazione e tale maggioranza deve essere superiore ai contrari.

E in merito risulta interessante richiamare un vecchio arresto della Corte di cassazione per cui: “Per la validità delle deliberazioni in materia di condominio la legge richiede in ogni caso che esse siano prese a maggioranza di voti, per cui in tanto una deliberazione diventa obbligatoria per tutti i condomini, compresi i dissenzienti, in quanto il numero di coloro che hanno votato a favore, e le entità degli interessi da essi rappresentati, superino il numero dei condomini che hanno votato contro”[14].

Questa maggioranza è   necessaria per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119.

Gli interventi sono quelli previsti al comma 1. Lett. a,b,c, e sono il risultato finale a cui mira la norma: es., che sia effettuato l’isolamento termico dell’edificio, ovvero siano sostituiti gli impianti di climatizzazione invernale esistenti.

La delibera di approvazione dell’assemblea è diretta al risultato dell’appalto che sarà conferito.

E poiché, noto, che per arrivare al risultato finale vi è la necessità, nel caso più semplice del general contractor, comunque dell’affidamento dell’incarico per lo studio di fattibilità che è prodromico, con la successiva attestazione, alla possibilità finale di ottenere le agevolazioni fiscali, anche tale incarico, essendo parte necessaria dell’intervento prescelto, sarà approvato con la maggioranza semplice.

Lo stesso dicasi se l’appalto viene affidato a più soggetti: società appaltatrice, Direttore Lavori, Tecnici Asseveratori[15], ivi compreso il compenso per l’amministratore ovvero di tutti gli altri professionisti chiamati a supervisionare gli interventi.

Un utile richiamo è nella lettura delle sentenze della Corte di cassazione che si sono occupate, al tempo, della trasformazione degli impianti di riscaldamento centrale in unifamiliari ai sensi dell’art. 26 co.2, della L.10/91.

La giurisprudenza ha sempre ritenuto che per la valida approvazione dell’intervento a maggioranza semplice non fosse necessaria la presenza dei progetti e relazioni tecniche di conformità[16][17].

Sorgono dubbi sulla maggioranza per i c.d. lavori trainati poiché potrebbero riguardare interventi all’interno delle proprietà esclusive o contaminare, anche parzialmente, l’aspetto architettonico dell’edificio.

Nel primo caso, nulla quaestio, la maggioranza non può pronunciarsi.

Nel secondo caso si può ipotizzare che la maggioranza prevista per il 110superbonus, superi quella prevista dall’art. 1122 c.c., considerando che il legislatore con l’art. 119 ha previsto un particolare quorum deliberativo per tutti gli interventi necessari all’efficientamento energetico del condominio, così l’eventuale modifica del l’iniziale decoro architettonico, appunto perché conseguenza di un’importante intervento migliorativo, non può soggiacere, per l’autorizzazione, all’astratta  previsione dell’art. 1122.

3.2 La maggioranza per l’approvazione dell’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 e richiesta finanziamenti

Lo scenario cambia bruscamente al momento della decisione sul pagamento degli interventi con l’opzione fiscale prevista dall’art.121 L. 77/2020, ovvero richiesta di finanziamenti.

Anche per le opzioni e cioè la cessione del credito, sconto in fattura o richiesta di finanziamenti è stata introdotta la maggioranza semplice.

Il beneficio però è un diritto potestativo del singolo condomino, cioè la situazione giuridica soggettiva che consiste nell’attribuzione di un potere a un soggetto allo scopo di tutelare un suo interesse.

Esso si contrappone, pertanto, alla potestà nella quale il potere è attribuito ad un soggetto a tutela di un interesse altrui (nel nostro caso l’assemblea dei condomini).

Il che porta alla questione di fondo: l’assemblea dei condomini è un soggetto che interviene nella tutela di un interesse collettivo e cioè l’efficientamento energetico dell’edificio che si riflette su tutti i condomini?

L’assemblea che è l’organo collegiale del condominio esprime una volontà collettiva dei partecipanti e non può esprimersi per finalità extracondominiali.

Le singole volontà, quindi, non si fondono, non si sommano mai per la formazione della volontà unica dell’organo. Ogni condominio è portatore di un proprio interesse che, unito a quello degli altri, costruisce il decisum poi obbligatorio[18].

Questi i presupposti indiscussi della formazione della volontà per le delibere dell’assemblea dei condomini.

Ora prevedere una maggioranza che vincoli una minoranza a cedere un credito a terzi, ovvero accedere ad un finanziamento stride con i principi fondamentali richiamati.

Il disposto dell’art. 121 L.77/2020 appare chiaro nel senso di indicare espressamente nei “soggetti che sostengono negli anni…, spese per gli interventi elencati al comma 2…” la facoltà della cessione del credito.[19]

La cessione del credito è prevista e regolata dall’art.1260 c.c. in forza del quale il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito.

La cessione è un contratto a struttura bilaterale, con efficacia traslativa immediata tra un soggetto (il cedente) e un altro soggetto (il cessionario) e determina la successione del secondo al primo nel medesimo rapporto obbligatorio.

Il beneficio fiscale non è a favore del condominio ma incide sulle imposte dovute dal singolo condomino al Fisco.

Poiché il condominio, allo stato, non ha una soggettività giuridica perfetta[20] il che, se così fosse, comporterebbe che le sue delibere comunicano verso l’esterno la volontà del soggetto (come per l’organo assembleare delle società), non si vede come l’assemblea possa essere competente a deliberare su un diritto potestativo del singolo proprietario e decidere per lo stesso come utilizzare la detrazione fiscale.

Già la Cassazione con la sentenza 19 maggio 2004 n.9463 ha chiarito che i poteri all’assemblea dei condomini sono conferiti specificamente dalla legge e che tra questi non è previsto quello di decidere sulle spese fiscali riguardanti parti comuni dell’edificio.

Poiché una delibera, come astrattamente previsto dall’art. 119 co. 9-bis della L. 77/2020, andrebbe ad incidere sui diritti individuali, soggettivi dei condomini, essa sarebbe nulla.

Lo stesso dicasi per l’eventuale richiesta del finanziamento.

4.Conclusioni e spunti operativi.

Alla fine di questo studio sulle maggioranze necessarie all’assemblea dei condomini per deliberare in merito al 110superbonus possiamo trarre le seguenti conclusioni:

  1. Delibere per l’approvazione di tutto l’iter dei lavori ex art.119 L.77/2020.

Sia in prima che seconda convocazione è richiesta la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

  • Delibere per i lavori c.d. trainanti a vantaggio dei singoli condomini con possibile contaminazione delle parti comuni ex art. 1122 c.c. Sia in prima che seconda convocazione è richiesta la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
  • Delibere per eventuali finanziamenti finalizzati, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, vanno accettate e sottoscritti da tutti i partecipanti al condominio, altrimenti l’assemblea è nulla.

Come potrebbe fare l’amministratore al fine di non incagliare il programma 110superbonus in relazione alla cessione del credito?

Richiedere ai condomini di esprimersi con una dichiarazione manifestando la volontà di optare per il pagamento diretto all’appaltatore ed ai singoli professionisti, ovvero la cessione del credito.

La dichiarazione avrà valore formale di autocertificazione al fine poi di adempiere agli obblighi prescritti dall’Agenzia delle Entrate e richiesti dagli istituti di credito.

Maurizio Voi


[1] Decreto Legge

[2] L. Salis, Computo della maggioranza nell’assemblea di condominio, in Rivista Giuridica dell’edilizia, 1966, I, p.735.

[3] Legge 11 dicembre 2012 n.220.

[4] Art.1136 3° co. c.c.: “Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”.

[5] Art.26 2°co. legge 19 gennaio 1991 n.10: “Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di prestazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.”

[6] L. Salis, Computo della maggioranza…, op.cit.

[7] Art.1138 4° co. c.c.: “Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.

[8] Art.1135 I° co. primo capoverso: “Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede..”

[9] Per la ricerca dell’intero testo e dei vari rimaneggiamenti è consigliato fare riferimento al D.L. 19 maggio 2020 n.34

[10] Art.9-bis: “ Le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio”

[11] Tra le tante e più accessibili si vedano gli articoli in Condominio, Quotidiano del Sole 24 Ore: 9 agosto 2020, Annarita D’Ambrosio: Superbonus/3: via libera in assemblea di condominio a maggioranza semplificata; 8 ottobre 2020,  Michele Orefice:  I dubbi sulle presunte competenze assembleari sulla cessione del credito da superbonus.

[12] Legge 10 gennaio 1991, Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.

[13] Art.16, co.1, D.Lvo 19 agosto 2005, n.192, così inserito dall’art.7, co.1, del D.Lvo 29 dicembre 2006 n.311 e definitivamente stabilizzato dalla legge di riforma del condomino, legge 11 dicembre 2012 n.220, art.28

[14] Corte di Cassazione, Sez. II, 11 gennaio 1966 n.202 – Pres. Civiletti, Est. Iannelli, in Riv.giur.edilizia, 1966, p.735 con nota di Lino Salis, da ultimo anche Cass.civ.sez.II, ordinanza n. 25558 del 12.11.2020 

[15] Art.119 comma 13 lett. a) e b).

[16] Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 20.01.2015, n. 862:  “La delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell’art. 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, in relazione all’art. 8, lett. g), della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui al successivo art. 28, comma 1, attenendo tale progetto alla fase di esecuzione della delibera. Le suddette norme, nell’ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento destinate al risparmio di energia, distinguono infatti una fase deliberativa “interna” (attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell’art. 1120 cod. civ.) da una fase esecutiva “esterna” (relativa ai successivi provvedimenti di competenza della pubblica amministrazione), e solo per quest’ultima impongono gli adempimenti in argomento. (Cassa con rinvio, App. Genova, 11/10/2007)”.

[17] Il che ci porta a considerare che l’assemblea può approvare l’intervento di efficientamento a prescindere dallo studio di fattibilità.

[18] A. Trabucchi: Istituzioni di diritto civile, trentesima sesta edizione, Cedam. p.135.

[19] Art.121: “I soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per gli interventi elencati al comma 2 possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;  b)  per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

[20] Cass. civ., Sez. Unite, 18/04/2019, n. 1093.

Le maggioranze per il Superbonus
23 Dic

Le maggioranze per l’approvazione dell’efficientamento energetico 110superbonus in condominio

1.Premessa di metodo. – 2.Il principio della maggioranza per la validità delle delibere dell’assemblea dei condomini. –  3.Le maggioranze per l’approvazione degli   incentivi per l’efficienza energetica 110superbonus. – 3.1 La maggioranza per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119superbonus. – 3.2 La maggioranza per l’approvazione dell’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121. – 4.Conclusioni e spunti operativi.

1.Premessa di metodo

In questo lavoro sull’analisi delle maggioranze dell’assemblea dei condomini per l’approvazione degli interventi 110supernbonus, adesione all’opzione dello sconto in fattura, cessione del credito o adesione agli eventuali finanziamenti, si farà riferimento alla norma finale, intesa come quella divenuta legge dello stato, tralasciando i rifermenti ai precedenti atti normativi di carattere provvisorio avente forza di legge[1] e ciò al fine di semplificarne la comprensione o l’eventuale consultazione.

In nota si rimanderà comunque al testo attualmente in vigore. Non si farà riferimento ad eventuali emendamenti tutt’ora in discussione davanti alle commissioni parlamentari.

2. Il principio della maggioranza per la validità delle delibere dell’assemblea dei condomini

Noto che l’art.1136 c.c. prevede diversi quorum sia per la valida costituzione dell’assemblea che per la validità delle delibere, distingue l’assemblea in prima da quella in seconda convocazione. La ragione è una sola: “la possibilità che alla prima riunione non intervenga il numero di condomini richiesto nel primo comma dell’art.1136 c.c.”[2]

L’attento legislatore dell’epoca voleva evitare che uno sparuto gruppo di condomini potesse essere considerato sufficiente per deliberare su determinati oggetti vincolando così gli assenti o dissenzienti ex art.1137 c.c.

Il lungo percorso evolutivo del condominio ha visto la riduzione delle storiche maggioranze c.d. qualificate (maggioranza dei presenti in assemblea in rappresentanza almeno di 500 millesimi o maggioranza dei partecipanti al condominio e 2/3 del valore dei millesimi) per le delibere di ricostruzione o lavori di notevole entità per l’edificio ovvero innovazioni.

Per arrivare, con la riforma dell’istituto[3], a prevedere anche il quorum per la valida costituzione dell’assemblea in seconda convocazione[4].

Da ricordare anche alcune leggi speciali, ad esempio la legge 10/91 che, all’art.26, per gli interventi sul contenimento energetico negli edifici prevede una delibera a maggioranza semplice: maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.[5]

I principi contenuti nell’art.1136 sono semplici e di facile comprensione: una delibera è validamente adottata ed obbligatoria per tutti i condomini se, rispettato il quorum di costituzione ottiene la c.d “doppia maggioranza” di teste e millesimi e tale maggioranza supera quella espressa dai condomini contrari.

Discussioni non ve ne possono essere già la Corte di cassazione con una cristallina pronuncia del 11 gennaio 1966 n.202, commentata dal Salis[6], ne aveva chiarito il significato.

Il principio della “doppia maggioranza” (teste e millesimi) è inderogabile, l’art. 1136 c.c. non può essere derogato nemmeno da un regolamento di condominio c.d. di “origine contrattuale”, ciò è prescritto dall’art.1138 3° co. c.c.[7]

E’ altresì noto che le maggioranze per le delibere dell’assemblea dei condomini regolano e quindi vincolano i condomini per tutto ciò che attiene all’ amministrazione e gestione dei beni e servizi comuni come indicato dall’art.1135 c.c. che è “norma di rinvio” in quanto richiama, per le attribuzioni dell’assemblea, anche altri articoli del codice in materia di condominio che regolano i suddetti oggetti[8].

Sono gli “articoli precedenti” il 1135 c.c. e si comprende la sua collocazione, alla fine delle norme sui beni e servizi comuni, ripartizione delle spese comuni, sopraelevazione, amministratore, iniziative individuali sui beni comuni.

Chiude il sistema di gestione sulle cose ed attività comuni e indica che solo l’assemblea è legittimata ad adottare decisioni vincolanti.

I diritti di proprietà o particolari convenzioni a favore del singolo, anche cristallizzati in un regolamento di condominio non possono essere oggetto di delibera. L’eventuale delibera sarebbe affetta da nullità.

3. Le maggioranze per l’approvazione degli   incentivi per l’efficienza energetica 110superbonus

L’articolo 119 della legge 17 luglio n.77[9], più volte modificato introduce gli “Incentivi per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici”, le analisi del complesso articolato e di quelli successivi sono oggetto di altri interventi di questo lavoro.

Per il tema d’indagine assegnato diamo conto del comma 9-bis[10] che prevede la maggioranza semplificata degli intervenuti in assemblea e almeno un terzo dei millesimi per l’approvazione degli interventi di efficientamento energetico e adesione all’opzione dello sconto in fattura, cessione del credito o adesione agli eventuali finanziamenti.

Questa disposizione ha avuto l’effetto di una deflagrazione solare perché non vi è riferimento al totem del quorum costitutivo.[11] Ma è la prima volta che l’architettura dell’assemblea è modificata a prescindere dalla prima o seconda convocazione?

Andando con ordine:

è prevista la maggioranza semplice per l’approvazione degli interventi di cui all’articolo 119 commi 1 lettere a,b,c della legge 77/2000;

– è prevista la maggioranza semplice per l’approvazione all’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 sempre della legge 77/2020.

3.1 La maggioranza per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119superbonus

Come richiamato nel paragrafo 2, già il legislatore che è intervenuto a modificare l’art.26 comma 2 della legge 10/91[12] aveva modificato nel 2005, poi nel 2006 e infine nel 2012[13] la maggioranza per l’approvazione dei lavori, prevedendola semplice.

Tenuto conto che nel dettato normativo dell’art. 119, 110superbonus, come, a suo tempo per la l’art.26, 2 co., L.10/91 è espressamente previsto che: “le deliberazioni (…) sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio” ciò che conta è il quorum deliberativo a prescindere che l’assemblea di condomini si pronunci in prima o seconda convocazione.

Ricordato comunque che, quando la legge parla di “intervenuti”, si riferisce ai condomini presenti in assemblea e non a tutti i partecipanti al condominio.

Quindi non conta in che tipo di seduta è riunita l’assemblea, conta la maggioranza di approvazione e tale maggioranza deve essere superiore ai contrari.

E in merito risulta interessante richiamare un vecchio arresto della Corte di cassazione per cui: “Per la validità delle deliberazioni in materia di condominio la legge richiede in ogni caso che esse siano prese a maggioranza di voti, per cui in tanto una deliberazione diventa obbligatoria per tutti i condomini, compresi i dissenzienti, in quanto il numero di coloro che hanno votato a favore, e le entità degli interessi da essi rappresentati, superino il numero dei condomini che hanno votato contro”[14].

Questa maggioranza è   necessaria per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119.

Gli interventi sono quelli previsti al comma 1. Lett. a,b,c, e sono il risultato finale a cui mira la norma: es., che sia effettuato l’isolamento termico dell’edificio, ovvero siano sostituiti gli impianti di climatizzazione invernale esistenti.

La delibera di approvazione dell’assemblea è diretta al risultato dell’appalto che sarà conferito.

E poiché, noto, che per arrivare al risultato finale vi è la necessità, nel caso più semplice del general contractor, comunque dell’affidamento dell’incarico per lo studio di fattibilità che è prodromico, con la successiva attestazione, alla possibilità finale di ottenere le agevolazioni fiscali, anche tale incarico, essendo parte necessaria dell’intervento prescelto, sarà approvato con la maggioranza semplice.

Lo stesso dicasi se l’appalto viene affidato a più soggetti: società appaltatrice, Direttore Lavori, Tecnici Asseveratori[15], ivi compreso il compenso per l’amministratore ovvero di tutti gli altri professionisti chiamati a supervisionare gli interventi.

Un utile richiamo è nella lettura delle sentenze della Corte di cassazione che si sono occupate, al tempo, della trasformazione degli impianti di riscaldamento centrale in unifamiliari ai sensi dell’art. 26 co.2, della L.10/91.

La giurisprudenza ha sempre ritenuto che per la valida approvazione dell’intervento a maggioranza semplice non fosse necessaria la presenza dei progetti e relazioni tecniche di conformità[16][17].

Sorgono dubbi sulla maggioranza per i c.d. lavori trainati poiché potrebbero riguardare interventi all’interno delle proprietà esclusive o contaminare, anche parzialmente, l’aspetto architettonico dell’edificio.

Nel primo caso, nulla quaestio, la maggioranza non può pronunciarsi.

Nel secondo caso si può ipotizzare che la maggioranza prevista per il 110superbonus, superi quella prevista dall’art. 1122 c.c., considerando che il legislatore con l’art. 119 ha previsto un particolare quorum deliberativo per tutti gli interventi necessari all’efficientamento energetico del condominio, così l’eventuale modifica del l’iniziale decoro architettonico, appunto perché conseguenza di un’importante intervento migliorativo, non può soggiacere, per l’autorizzazione, all’astratta  previsione dell’art. 1122.

3.2 La maggioranza per l’approvazione dell’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 e richiesta finanziamenti

Lo scenario cambia bruscamente al momento della decisione sul pagamento degli interventi con l’opzione fiscale prevista dall’art.121 L. 77/2020, ovvero richiesta di finanziamenti.

Anche per le opzioni e cioè la cessione del credito, sconto in fattura o richiesta di finanziamenti è stata introdotta la maggioranza semplice.

Il beneficio però è un diritto potestativo del singolo condomino, cioè la situazione giuridica soggettiva che consiste nell’attribuzione di un potere a un soggetto allo scopo di tutelare un suo interesse.

Esso si contrappone, pertanto, alla potestà nella quale il potere è attribuito ad un soggetto a tutela di un interesse altrui (nel nostro caso l’assemblea dei condomini).

Il che porta alla questione di fondo: l’assemblea dei condomini è un soggetto che interviene nella tutela di un interesse collettivo e cioè l’efficientamento energetico dell’edificio che si riflette su tutti i condomini?

L’assemblea che è l’organo collegiale del condominio esprime una volontà collettiva dei partecipanti e non può esprimersi per finalità extracondominiali.

Le singole volontà, quindi, non si fondono, non si sommano mai per la formazione della volontà unica dell’organo. Ogni condominio è portatore di un proprio interesse che, unito a quello degli altri, costruisce il decisum poi obbligatorio[18].

Questi i presupposti indiscussi della formazione della volontà per le delibere dell’assemblea dei condomini.

Ora prevedere una maggioranza che vincoli una minoranza a cedere un credito a terzi, ovvero accedere ad un finanziamento stride con i principi fondamentali richiamati.

Il disposto dell’art. 121 L.77/2020 appare chiaro nel senso di indicare espressamente nei “soggetti che sostengono negli anni…, spese per gli interventi elencati al comma 2…” la facoltà della cessione del credito.[19]

La cessione del credito è prevista e regolata dall’art.1260 c.c. in forza del quale il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito.

La cessione è un contratto a struttura bilaterale, con efficacia traslativa immediata tra un soggetto (il cedente) e un altro soggetto (il cessionario) e determina la successione del secondo al primo nel medesimo rapporto obbligatorio.

Il beneficio fiscale non è a favore del condominio ma incide sulle imposte dovute dal singolo condomino al Fisco.

Poiché il condominio, allo stato, non ha una soggettività giuridica perfetta[20] il che, se così fosse, comporterebbe che le sue delibere comunicano verso l’esterno la volontà del soggetto (come per l’organo assembleare delle società), non si vede come l’assemblea possa essere competente a deliberare su un diritto potestativo del singolo proprietario e decidere per lo stesso come utilizzare la detrazione fiscale.

Già la Cassazione con la sentenza 19 maggio 2004 n.9463 ha chiarito che i poteri all’assemblea dei condomini sono conferiti specificamente dalla legge e che tra questi non è previsto quello di decidere sulle spese fiscali riguardanti parti comuni dell’edificio.

Poiché una delibera, come astrattamente previsto dall’art. 119 co. 9-bis della L. 77/2020, andrebbe ad incidere sui diritti individuali, soggettivi dei condomini, essa sarebbe nulla.

Lo stesso dicasi per l’eventuale richiesta del finanziamento.

4.Conclusioni e spunti operativi.

Alla fine di questo studio sulle maggioranze necessarie all’assemblea dei condomini per deliberare in merito al 110superbonus possiamo trarre le seguenti conclusioni:

  1. Delibere per l’approvazione di tutto l’iter dei lavori ex art.119 L.77/2020.

Sia in prima che seconda convocazione è richiesta la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

  • Delibere per i lavori c.d. trainanti a vantaggio dei singoli condomini con possibile contaminazione delle parti comuni ex art. 1122 c.c. Sia in prima che seconda convocazione è richiesta la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
  • Delibere per eventuali finanziamenti finalizzati, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, vanno accettate e sottoscritti da tutti i partecipanti al condominio, altrimenti l’assemblea è nulla.

Come potrebbe fare l’amministratore al fine di non incagliare il programma 110superbonus in relazione alla cessione del credito?

Richiedere ai condomini di esprimersi con una dichiarazione manifestando la volontà di optare per il pagamento diretto all’appaltatore ed ai singoli professionisti, ovvero la cessione del credito.

La dichiarazione avrà valore formale di autocertificazione al fine poi di adempiere agli obblighi prescritti dall’Agenzia delle Entrate e richiesti dagli istituti di credito.

Maurizio Voi


[1] Decreto Legge

[2] L. Salis, Computo della maggioranza nell’assemblea di condominio, in Rivista Giuridica dell’edilizia, 1966, I, p.735.

[3] Legge 11 dicembre 2012 n.220.

[4] Art.1136 3° co. c.c.: “Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”.

[5] Art.26 2°co. legge 19 gennaio 1991 n.10: “Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di prestazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.”

[6] L. Salis, Computo della maggioranza…, op.cit.

[7] Art.1138 4° co. c.c.: “Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.

[8] Art.1135 I° co. primo capoverso: “Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede..”

[9] Per la ricerca dell’intero testo e dei vari rimaneggiamenti è consigliato fare riferimento al D.L. 19 maggio 2020 n.34

[10] Art.9-bis: “ Le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio”

[11] Tra le tante e più accessibili si vedano gli articoli in Condominio, Quotidiano del Sole 24 Ore: 9 agosto 2020, Annarita D’Ambrosio: Superbonus/3: via libera in assemblea di condominio a maggioranza semplificata; 8 ottobre 2020,  Michele Orefice:  I dubbi sulle presunte competenze assembleari sulla cessione del credito da superbonus.

[12] Legge 10 gennaio 1991, Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.

[13] Art.16, co.1, D.Lvo 19 agosto 2005, n.192, così inserito dall’art.7, co.1, del D.Lvo 29 dicembre 2006 n.311 e definitivamente stabilizzato dalla legge di riforma del condomino, legge 11 dicembre 2012 n.220, art.28

[14] Corte di Cassazione, Sez. II, 11 gennaio 1966 n.202 – Pres. Civiletti, Est. Iannelli, in Riv.giur.edilizia, 1966, p.735 con nota di Lino Salis, da ultimo anche Cass.civ.sez.II, ordinanza n. 25558 del 12.11.2020 

[15] Art.119 comma 13 lett. a) e b).

[16] Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 20.01.2015, n. 862:  “La delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell’art. 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, in relazione all’art. 8, lett. g), della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui al successivo art. 28, comma 1, attenendo tale progetto alla fase di esecuzione della delibera. Le suddette norme, nell’ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento destinate al risparmio di energia, distinguono infatti una fase deliberativa “interna” (attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell’art. 1120 cod. civ.) da una fase esecutiva “esterna” (relativa ai successivi provvedimenti di competenza della pubblica amministrazione), e solo per quest’ultima impongono gli adempimenti in argomento. (Cassa con rinvio, App. Genova, 11/10/2007)”.

[17] Il che ci porta a considerare che l’assemblea può approvare l’intervento di efficientamento a prescindere dallo studio di fattibilità.

[18] A. Trabucchi: Istituzioni di diritto civile, trentesima sesta edizione, Cedam. p.135.

[19] Art.121: “I soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per gli interventi elencati al comma 2 possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;  b)  per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

[20] Cass. civ., Sez. Unite, 18/04/2019, n. 1093.

Linee Guida per le assemblee di condominio durante il Covid19
11 Nov

L’avv. Maurizio Voi del nostro studio, su incarico di ANACI Verona, ha redatto le linee guida per la tenuta di assemblee condominiali durante il periodo di emergenza epidemiologica, sulla base dei provvedimenti emanati alla data di oggi 11 Novembre 2020.

E’ possibile scaricare in calce il relativo file

Assemblee condominiali e videoconferenza: un intervento legislativo che non aiuta, anzi.
13 Ott

Mentre i preoccupanti dati della pandemia agitano lo spettro di un nuovo lockdown, ovvero comunque di misure restrittive alle riunioni di persone, giunge proprio ora il tanto atteso emendamento sulle assemblee condominiali.

Dopo anticipazioni nei mesi scorsi rivelatesi errate, ecco, nella conversione del decreto “agosto”, a metà ottobre di questo annus horribilis 2020:

– una proroga del termine per la convocazione dell’Assemblea per l’approvazione del bilancio (i sei mesi ex art. 1130 n. 10 c.c. sono sospesi fino alla cessazione dello stato di emergenza da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 29 luglio 2020; sempre che, beninteso, non fossero già scaduti … );

– inoltre, due modifiche strutturali all’impianto del diritto condominiale (non limitate all’emergenza, intendiamo dire), nelle disp. att. c.c., e precisamente dell’art. 66: 

a) al terzo comma, dopo le parole: “e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione” sono inserite le seguenti: “o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa”;

b) dopo il quinto comma è aggiunto il seguente: “Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini, la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all’amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione”.

Logica la prima, sull’ordine del giorno (ci mancherebbe che, prevedendosi la videoconferenza, non contenesse le specifiche per connettersi).

Pessima la seconda.

Cosa s’intende con lo stabilire che “la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza” “anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini”?

In questi mesi si era affermata la prassi della c.d. doppia convocazione: in luogo fisico (ossia la classica sala, magari più grande per poter rispettare il distanziamento), ma anche in stanza virtuale: nel senso che veniva data la possibilità (spesso vivamente consigliandola, ma come opzione), a chi lo volesse, di connettersi con la videoconferenza, per parteciparvi da remoto.

Si dava per pacifico, in sostanza, che una convocazione esclusivamente in una stanza virtuale presupponesse una previsione regolamentare contrattuale, opponibile a tutti, o l’unanimità dei consensi.

Mentre per la partecipazione connettendosi in videoconferenza era sufficiente il consenso del singolo, che previamente avvisato ne accettava la modalità, quale libera e consapevole scelta.

Al singolo, insomma, era rimessa la scelta se partecipare in presenza, affrontando la trasferta e, di questi tempi, i rischi di contagio, o collegarsi da casa: magari con qualche inevitabile limitazione, nonostante i progressi della tecnologia e delle telecomunicazioni, ma anche con apprezzabili vantaggi.

Ora il “previo consenso di tutti i condomini” è previsto quale presupposto non di una convocazione esclusivamente in una stanza virtuale, ma della semplice partecipazione attraverso strumenti di videoconferenza.

Previo, e di tutti: vuol dire che, per consentire a chi preferirebbe restare comodamente a casa propria, servirà raccogliere in anticipo, giocoforza per iscritto onde poterne avere prova, del via libera degli altri …

Così ragionando, la videoconferenza nelle assemblee, che doveva essere facilitata, viene fortemente ostacolata, e praticamente esclusa nella generalità dei casi.

Con una mano, per favorire il mitico superbonus 110, si abbassa il quorum di approvazione di lavori di notevole entità alla ordinaria maggioranza semplice (e si stabilisce che basterà persino per l’opzione della cessione del credito, con buona pace, pare, di un diritto proprio del singolo).

Con l’altra mano, si affossa la videoconferenza, nonostante appaia essere non solo lo scenario prossimo, in un futuro di sempre maggiori connessioni tra le persone via internet e social, ma anche quello più confacente alla attuale situazione emergenziale per le note ragioni sanitarie.

Maurizio Voi, Avvocato in Verona

Alvise Cecchinato, Avvocato in Portogruaro

A forte rischio il recupero dei crediti per le spese condominiali – Le conseguenze delle pronunce della Suprema Corte di Cassazione di giugno e settembre 2020 sul procedimento di mediazione.
24 Set

di Avv. Maurizio Voi e Avv. Alvise Cecchinato

Forse non considerata attentamente perché eravamo ad inizio estate con le vacanze alle porte dopo il duro lockdown, l’ordinanza n. 1046 dell’8 giugno 2020 della Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto che l’Amministratore di Condominio, per partecipare alla procedura di mediazione, ha sempre bisogno di essere autorizzato dall’Assemblea con la delibera ex art. 71 quater, comma III, disp. att. cod. civ., a maggioranza qualificata (ossia: maggioranza degli intervenuti alla riunione, che corrisponda ad almeno metà dei millesimi): anche se, per ipotesi, si tratta di vertenza in una materia che, rientrando nelle sue attribuzioni di legge, non richiede analoga autorizzazione per agire o resistere in giudizio.

L’ipotesi è frequentissima: si pensi al recupero delle spese condominiali ex art. 1130 n. 3 cod. civ.: è pacifico che, per adire il Giudice, chiedendo l’ingiunzione immediatamente esecutiva ex art. 63, I comma, disp. att. cod. civ., o anche promuovendo una causa ordinaria, all’Amministratore non serve l’autorizzazione dell’Assemblea, essendo un suo specifico dovere (peraltro assoggettato anche al termine dei sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, ex art. 1129, IX comma, cod. civ.).

Gli Ermellini, nella pronuncia, relativa ad una opposizione a decreto ingiuntivo per spese condominiali, precisano proprio che “pur in relazione alle cause inerenti all’ambito della rappresentanza istituzionale dell’Amministratore” “con riguardo alla quale perciò sussiste la legittimazione processuale di quest’ultimo ai sensi dell’art. 1131 c.c. senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea”, “questi non può partecipare alle attività di mediazione privo della delibera dell’Assemblea”: e, se vi partecipa lo stesso, la mediazione è come non si tenesse (tecnicamente: non vale a integrare la condizione di procedibilità), perchè il Condominio non può ritenersi siccome presente.

Il ragionamento desta evidenti perplessità, e le sue conseguenze diventano di ancor maggiore attualità tenuto conto che, con la recentissima sentenza n. 19596 del 18.9.2020, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ponendo fine a un contrasto esistente nella giurisprudenza di merito, hanno statuito che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, è onere del creditore opposto, e non del debitore opponente, attivare il procedimento di mediazione obbligatoria, in mancanza del quale la causa diventa improcedibile e, si badi, il decreto ingiuntivo deve essere revocato.

Ecco il principio: “Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

Dal combinato disposto delle due pronunce deriva un mix pericolosissimo per il Condominio, proprio nel delicato ambito di gestione e fruizione dei servizi condominiali, anche essenziali, che l’Amministratore deve garantire provvedendo al pagamento delle spese.

Cosa succederà?

Se il Condominio agisce ottenendo decreto ingiuntivo, e il condomino moroso propone opposizione, l’Amministratore dovrà tempestivamente convocare l’Assemblea, per essere autorizzato a promuovere la procedura di mediazione e a parteciparvi.

Se, per qualsiasi ragione, non si raggiungesse la maggioranza qualificata (si ripete: maggioranza degli intervenuti alla riunione, che corrisponda ad almeno metà dei millesimi), l’Amministratore non potrà procedere, la mediazione non ci sarà o sarà comunque tamquam non esset,.

Soprattutto, la causa pendente terminerà con la revoca del decreto ingiuntivo (e forse anche, oltre al danno, con la vera e propria beffa della condanna alla rifusione delle spese legali !).

Come comprensibile, il condomino moroso si sentirà vincitore, e non si sentirà più obbligato al pagamento; se poi, nel frattempo, in forza del decreto ingiuntivo, era stata iniziata una procedura esecutiva (pignorando l’immobile, o altri beni) verrà meno anche quella.

Insomma, si profilano conseguenze potenzialmente davvero gravi.

E non è difficile immaginare che, se nel Condominio è di fatto difficile raggiungere la maggioranza qualificata, come purtroppo spesso accade, il condominio moroso sarà tentato da proporre opposizioni anche infondate, ma strumentali all’impasse che sopra abbiamo delineato.

Diventa quindi urgente l’istanza per un intervento del Legislatore: se l’art. 71 quater, comma III, disp. att. cod. civ. deve interpretarsi in senso letterale, come la Corte di Cassazione ha affermato nella pronuncia di giugno, facendolo operare anche per le vertenze che non richiedono la autorizzazione ad agire o a resistere, le conseguenze di un tanto appaiono aberranti: a maggior ragione ora che la Cassazione stessa, con la pronuncia di settembre, ha posto l’onere della mediazione, nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo, a carico del creditore.

Maurizio Voi, Avvocato in Verona
Alvise Cecchinato, Avvocato in Portogruaro

Al lavoro sul Superbonus 110%
18 Ago

Oggi il nostro Studio, con la regia degli avvocati Maurizio Voi e Matteo Carcereri, ha predisposto la prima guida pratica sul Superbonus per gli amministratori immobiliari, che sarà disponibile a breve.

In sede di analisi della complessa normativa, è emerso tra gli altri un dubbio interpretativo circa la detraibilità delle spese relative al compenso dell’amministratore immobiliare riferite alla gestione dell’operazione.

Lo Studio ha quindi inviato all’Agenzia delle Entrate uno specifico interpello che si allega unitamente ad un abstract della Guida Operativa.

Depositati gli emendamenti per la proroga delle assemblee condominiali e il rinnovo automatico dell’amministratore di condominio.
11 Giu

Le preoccupazioni degli amministratori per la gestione economico-finanziaria e di manutenzione-conservativa dei condominii aumentano di pari passo con l’allentamento delle misure anti COVID-19.

I problemi di gestione riguardano: l’obbligatorietà della annuale convocazione delle assemblee di condominio per l’approvazione dei bilanci con le non chiare misure di distanziamento sociale eventualmente da adottare in sede di assemblea; la poca propensione dei proprietari alla loro partecipazione anche in videoconferenza.

 Sicuramente tutto ciò comporterà a breve un carico di lavoro improponibile per i professionisti della gestione immobiliare trovandosi difronte alla necessità di convocare in uno stretto lasso di tempo le assemblee dei condomini amministrati, finora rinviate in ottemperanza ai noti provvedimenti del Governo.

L’ANACI di Verona ha interessato l’ on. Diego  Zardini che con la consulenza dell’ avvocato Maurizio Voi ha presentato due emendamenti al Decreto Legge Rilancio prevedendo la proroga di un anno delle assemblee ordinarie ex art. 1135 c.c. nonché il rinnovo automatico dell’amministratore per un anno già scaduto al 4 aprile 2020.

Di seguito gli emendamenti depositati

D.L. Rilancio: proroga dei rinnovi ad amministrare e del termine di approvazione del bilancio
14 Mag

Decreto legge 13.5.2020 – Rilancio

DISPOSIZIONI IMPORTANTI PER L’AMMINISTRAZIONE DEI CONDOMINI

Il Decreto Legge c.d. “rilancio” approvato dal Consiglio dei Ministri nella giornata del 13 maggio ha previsto all’art.212ter lettera b) alcune importanti modifiche circa l’incarico di amministrazione e convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto.

In pratica:

Amministratore: se il mandato è scaduto alla data di conversione in legge del decreto del 13.5.2020  o entro tre mesi dalla medesima data l’incarico è “rinnovato” per ulteriori 6 mesi.

Assemblea per approvazione del rendiconto.

Il termine per la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto annuale con data di chiusura successiva al 31 luglio 2019 è differito di 12 mesi dalla data di chiusura dell’esercizio.

Il termine di 12 mesi va però sommato agli ulteriori 180 giorni previsti dall’art. 1130 I° co. n.10 a cui il DL fa riferimento.

Esempio:

  1. Bilancio ordinario che si chiude al 1 agosto 2019

Termine ante decreto per la convocazione dell’assemblea 29 febbraio 2020 + 12 mesi = 28.2.2021

  • Bilancio ordinario che si chiude al 30 settembre 2019

Termine ante decreto per la convocazione dell’assemblea 30 marzo 2020 +12 mesi = 30.3.2021

  • Bilancio ordinario che si chiude al 31.5.2020

Termine ante decreto per la convocazione dell’assemblea 30 novembre 2020 +12 mesi = 30.11.2021

Si allega testo del DL.

Avv. Maurizio Voi | Voi Carcereri Associati Studio Legale

Auto elettriche e wallbox negli edifici residenziali
29 Apr

Potrebbe apparire molto lontano il tempo in cui la mobilità, specialmente nelle città, sarà solamente elettrica e come i concetti “sostenibilità”, “flessibilità”, “risparmio economico” potrebbero sembrare affermazioni di principi teorici e utopistici.

Ma il mondo dell’automotive sta cambiando e sempre più persone stanno rivolgendosi al mercato dell’auto elettrica complice anche i cambiamenti dei messaggi pubblicitari.

Anche i più sensibili verso la “sostenibilità” come riduzione delle immissioni inquinanti e del “risparmio economico”, cioè risparmio dei costi di rifornimento, si dimostrano scettici verso   l’auto elettrica nel momento in cui si pongono il problema di dove e come ricaricare le batterie della macchina: “flessibilità” o per dirla con il legislatore di fine  2016 dove trovare le “infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli” (art.15 comma 1-ter del D.Lvo 16.12.2016 n.257, vedi infra), che noi semplicemente conosciamo come colonnine elettriche o, all’inglese, wallbox.

La vision della Unione Europea è del 2014 quando venne emanata la direttiva 2014/94/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi.

La direttiva 2014/94/UE è stata recepita dallo Stato italiano nel dicembre 2016 con il D.Lvo n.257 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13.1.2017 n.10.

Detto che della filosofia del decreto in commento (Titolo I, Finalità ed Obiettivi; Titolo II, Quadro strategico nazionale) faremo riferimento in questo studio, è subito interessante notare come l’art.4, per quanto riguarda il trasporto, disponga la realizzazione entro il 31.12.2020 di un numero adeguato di punti di ricarica elettrici accessibili al pubblico nelle città metropolitane, aree urbane ed extraurbane.

Le articolate prescrizioni normative del quadro strategico nazionale prevedono diverse tipologie d’interventi nel comparto edilizio in costruzione e costruito sia “non residenziale” che “residenziale”.

Per gli edifici “non residenziali” e con superficie utile superiore a 500 metri quadrati e per quelli “residenziali” con almeno 10 unità abitative per ottenere il titolo abilitativo edilizio già entro il 31.12.2017 i costruttori dovevano “predisporre” nei progetti   l’allaccio per la possibile installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli con la connessione da spazi di parcheggi scoperti o coperti e da ciascun box auto.

Con la precisazione che per le nuove costruzioni residenziali con almeno 10 unità abitative i punti di connessione – comuni o singoli- per la ricarica elettrica devono essere non inferiori al 20 per cento di quelli totali.

L’approccio muta per gli edifici in condominio esistenti poiché dal nel 2012 con il decreto legge sulle “Misure urgenti per la crescita del paese” richiamato dall’attuazione della normativa europea del 2016 è stato modificato il T.U. Edilizia.

Così come per gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche, fatto salvo l’art. 1102 del c.c. sull’uso e godimento delle parti comuni da parte anche di un solo proprietario, gli interventi edilizi per l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica dei veicoli ora possono essere approvate dall’assemblea dei condomini con le maggioranze previste dall’art. 1136 I°, II° o III° co. c.c.., cioè anche a maggioranza semplice.

E se l’assemblea non vi provvede il condomino interessato può installare a proprie spese i dispositivi, fermo quanto previsto dagli articoli in tema di innovazioni relativamente alla statica e sicurezza del fabbricato, decoro architettonico o inservibilità d’uso di una parte comune.

Le chiavi di lettura del complesso tessuto normativo per il patrimonio edilizio italiano in divenire ed esistente sembrano essere i concetti relativi alla “predisposizione di un allaccio” per la futura installazione” delle colonnine e “l’installazione delle colonnine stesse”.

Nel primo caso appare che per ottenere il permesso di costruire o per le ristrutturazioni di primo livello debba essere solo predisposto un “allaccio” per la successiva installazione dei wallbox, cioè l’infrastruttura di base, mentre l’installazione della colonnina -strumento tecnico che permette la ricarica- è esclusa.

Nel secondo caso -condominio– si parla invece di “opere edilizie per l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica dei veicoli”.

Infine il DLvo 257/16 prevede ancora, sempre intervenendo sul testo Unico dell’Edilizia, che se i Comuni non si allineano a modificare il loro regolamento edilizio con le disposizioni sulla predisposizione tecnica di allaccio alle colonnine, le Regioni si devono sostituire a loro facendo decadere i titoli edilizi rilasciati per edifici non costruiti seguendo le regole, in base alle proprie leggi regionali.

Si aprono quindi una serie di problemi giuridici per le per le nuove costruzioni che, in divenire, ex lege, saranno condominii e poi per il patrimonio esistente nel momento in cui sia richiesto di procedere all’installazione delle colonnine elettriche.

I futuri problemi riguarderanno le responsabilità dei costruttori qualora non abbiano provveduto a predisporre l’allaccio per le wallbox e comunque abbiano ottenuto un valido titolo edilizio, con possibili ripercussioni a catena sull’ ente comunale che ha provveduto al rilascio non avendo adeguato il proprio regolamento edilizio.

L’individuazione della fattispecie giuridica della responsabilità del costruttore-venditore dell’unità immobiliare verso l’acquirente per la mancanza dell’allaccio: garanzia per vizi della cosa venduta ex art. 1490 c.c. o grave difetto ex art.1669 c.c.?

Se per i nuovi edifici con la predisposizione dell’allaccio la delibera di installazione della colonnina sarebbe autorizzata con la maggioranza semplice (e si richiama il comma 2 dell’art.15 del D.lvo 257/16) problemi nascono per gli immobili precedenti ove siano necessarie opere adeguate, e financo  scegliere quale tipologia di colonnina di ricarica (attualmente ve ne sono in commercio vari tipi: Yazaky, Mennekes, CHAdeMO, CCS Combo2), tenendo conto, per esempio, non solo dell’ auto ma anche dei veicoli leggeri che abbisognano della presa Scame.

Se appare che con la maggioranza semplice, cioè anche in seconda convocazione ex art.1136 c.c., sia legittima la delibera sulla colonnina, nel momento in cui vi sia da scegliere un’area comune da dedicare alla ricarica a quale norma del codice è necessario porre attenzione?

All’art. 1117ter sulla modificazione delle destinazioni d’uso dei beni comuni con la sua maggioranza qualificata o all’art. 1136 modificato dall’ art.15 del D.lvo 257/16?

A cascata seguono non poche criticità sulla gestione delle strutture, ripartizione dei costi e uso ed occupazione dei beni comuni.

Per risolvere i problemi che nasceranno sarà quindi necessario prendere come riferimento la giurisprudenza sull’ abbattimento delle barriere architettoniche che dopo qualche anno ha elaborato il principio di solidarietà sociale e perseguimento delle finalità di carattere pubblicistico volte a favorire, l’interesse generale.

Riflettendo sulle finalità della norma che indica la riduzione dalla dipendenza dal petrolio e l’attenuazione dell’impatto ambientale e sul quadro strategico che è lo sviluppo del mercato dei combustibili alternativi dei trasporti e la realizzazione della relativa infrastruttura, de iure condendo, si trova il faro guida per il corretto approccio giuridico nella soluzione dei primi problemi indicati.

E volgendo lo sguardo anche alle norme amministrative e tributarie ove è previsto che gli interventi oggetto di questo studio siano interventi di manutenzione ordinaria relativamente alla parte impiantistica (quindi attività consentita senza alcun titolo abilitativo) e la previsione di detrazioni fiscali nella misura del 50 per cento fino a 3 mila euro per l’acquisto e la posa in opera delle infrastrutture di ricarica, si comprende come lo Stato spinga per un’agevole realizzazione.

Maurizio Voi